Ultimamente è stata celebrata la giornata contro la
violenza sulle donne, un fenomeno divenuto ormai dilagante e che, nel nostro
paese, ha raggiunto cifre impressionanti, specie, per quanto riguarda gli
omicidi a danno del genere femminile: si pensi che dall’inizio dell’anno, le
donne uccise sono circa 114. In realtà, ciò che è fondamentale considerare è
quella violenza che non arriva ai “disonori”della cronaca, ma che è oltremodo
frequente e di cui le donne sono vittime silenziose e, il più delle volte,
speranzose nel credere che si tratti di episodi contingenti, che non si
ripeteranno più. Nella maggior parte dei casi ciò non si verifica.
Secondo una ricerca Istat del 2007 sono quasi tre milioni (il 14% del totale) le donne che in Italia hanno subito violenza fisica o sessuale. Si tratta di percosse, maltrattamenti, ingiurie, stupri, induzione alla prostituzione, violenze psicologiche. Raramente le donne denunciano gli abusi subiti. Eppure spesso si tratta di violenze gravi che provocano lesioni sui corpi femminili. E non meno gravi sono le ferite psicologiche. Le donne aggredite provano paura, rabbia, insicurezza, perdita di autostima e di fiducia negli altri. Esiste in letteratura una sindrome psichiatrica, denominata Disturbo Post-Traumatico da stress, che colpisce le donne vittime di violenza: esso è caratterizzato da ansia, irritabilità, attacchi di panico, insonnia, disturbi del comportamento alimentare ed è inserito nel DSM IV.
Secondo una ricerca Istat del 2007 sono quasi tre milioni (il 14% del totale) le donne che in Italia hanno subito violenza fisica o sessuale. Si tratta di percosse, maltrattamenti, ingiurie, stupri, induzione alla prostituzione, violenze psicologiche. Raramente le donne denunciano gli abusi subiti. Eppure spesso si tratta di violenze gravi che provocano lesioni sui corpi femminili. E non meno gravi sono le ferite psicologiche. Le donne aggredite provano paura, rabbia, insicurezza, perdita di autostima e di fiducia negli altri. Esiste in letteratura una sindrome psichiatrica, denominata Disturbo Post-Traumatico da stress, che colpisce le donne vittime di violenza: esso è caratterizzato da ansia, irritabilità, attacchi di panico, insonnia, disturbi del comportamento alimentare ed è inserito nel DSM IV.
Chi usa violenza alle donne è nella
maggioranza dei casi il marito, il fidanzato, il convivente, l'ex partner. Il
teatro dei soprusi sono di solito le mura domestiche, tant'è che la violenza
contro le donne è denominata anche "violenza domestica", un fenomeno
cui in passato si dava poca importanza, essendo considerato una delle possibili
espressioni del conflitto coniugale. Il maschio violento con le donne non
soffre generalmente di gravi turbe mentali, anzi può essere ben adattato nella
vita lavorativa e di relazione. Non è possibile caratterizzarlo inoltre né per
grado di istruzione, né per classe sociale. Recentemente le ricerche
psicologiche hanno dato rilievo ad una forma di violenza contro le donne molto
diffusa, il cosiddetto stalking, cioè il comportamento, prevalentemente
maschile, caratterizzato da persecuzione reiterata, molestie asfissianti,
appostamenti, intromissione nella vita privata verso una persona generalmente
di sesso opposto.
La violenza sulle donne non è naturalmente soltanto un
problema italiano. Secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità
almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un
uomo nel corso della propria esistenza.
Una ricerca dell'Harvard University ripresa dall'Onu (2003) afferma che la
prima causa di morte o d'invalidità nel mondo per le donne non è la malattia,
la guerra o gli incidenti stradali, ma la violenza domestica (anche sessuale)
subita dalla donna da parte del marito, del partner, del genitore, a volte del
figlio.
E non si può neanche sostenere che le epoche storiche
passate siano state benevole verso le donne. Al contrario, la violenza faceva
talmente parte del panorama della vita quotidiana che vi si prestava ben scarsa
attenzione.
Sulle cause di tanto accanimento sull'integrità
psicofisica della donna ancora si discute. Esistono delle differenze
biochimiche e ormonali, dei diversi livelli di testosterone e di serotonina,
nonchè una differente forza fisica tra esponenti di sessi diversi. Ma la
fisiologia, forse, è la spiegazione meno attendibile dei comportamenti
vessatori. Più importanti appaiono i motivi culturali, come il prevalere, nelle
società patriarcali, del maschio, che monopolizza potere e conoscenza e tende
ad escludere le femmine.
L'Occidente ha conosciuto, negli ultimi decenni, un
cambiamento repentino e radicale di ruoli e costumi. E' possibile che il
maschio occidentale viva un momento di disorientamento, di crisi di identità,
in cui sente il proprio secolare potere vacillare al cospetto di donne sempre
più autonome, emancipate e talvolta spregiudicate. La frustrazione, dicono i
manuali di psicologia, genera aggressività e sembra possibile che la condizione
di crescente insicurezza esistenziale, anche sul piano economico, in cui vive
l'uomo contemporaneo, contribuisca ad accrescerne la distruttività.
Tuttavia, anche se i media riportano con sempre più
inquietante frequenza gravi fatti di cronaca con protagonisti uomini che
sterminano interi nuclei familiari, non sembra che l'Occidente sia più violento
verso le donne ripetto ad altri contesti geografici e culturali. Si pensi alle donne africane mutilate ai
genitali, le vedove arse vive in India, le donne lapidate e quelle cui viene
violentemente negato l'accesso all'istruzione in parte del mondo islamico.
Il primo passo da compiere, quindi, sarebbe quello di
cercare di modificare le culture dove il maschio ha ancora una posizione
dominante e troppi privilegi da difendere.
Compito non facile se non impossibile, laddove c'è chiusura mentale e adesione
totale ai dogmi della tradizione.
Nelle società aperte e democratiche qualcosa si può
fare, sul piano della prevenzione, sensibilizzando, in particolare le nuove
generazioni, al problema ed educando fin da bambini al rispetto della donna.
Grande vigilanza deve poi essere prestata nelle scuole al fenomeno del
bullismo. Si è trovata infatti una correlazione positiva tra bullismo in età
precoce e sviluppo di comportamenti violenti in età adulta.
Alle donne vittime di violenze va poi assicurata
assistenza e sostegno. I primi Centri Antiviolenza sono sorti in Gran Bretagna
negli Anni Settanta e si sono poi diffusi un po' ovunque, anche in Italia. Le
vittime di violenza vanno ascoltate, consigliate, vanno loro offerti consulenza
giuridica e un alloggio qualora ne abbiano bisogno, vanno incoraggiate
all'autonomia e a inserirsi nel mondo del lavoro.
Chi si rende colpevole di violenza sulle donne va
punito severamente. E talvolta, in un secondo momento, qualora ne esistano le
premesse, va cercata una sua riabilitazione tramite una terapia psicologica
appropriata. A volte, anche con i mostri sono possibili i miracoli.
Riferimenti bibliografici:
- Canu, R., La violenza domestica contro le donne in Italia e nel contesto internazionale ed europeo,Cagliari, La Riflessione, 2008
- Gelli, B.R.,Voci di donne: discorsi sul genere, S. Cesario (LE), Manni Editori, 2002
- Nanni, W.; Vecchiato, T.; Caritas italiana, Fondazione "Emanuela Zancan", Cittadini invisibili. Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza, Milano, Feltrinelli, 2002
- Nizzoli, U., Pissacroia, M., Trattato completo degli abusi e delle dipendenze, Padova, Piccin, 2002
- Tabet, P., La grande beffa: sessualità delle donne e scambio sessuo-economico, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino Editore, 2004
- Tognonato, C., Il corpo del sociale. Appunti per una sociologia esistenziale, Napoli, Liguori
Fenomeno davvero inquietante! Sarebbe interessante conoscere qualche protocollo di cura, cosa viene fatto da un punto di vista terapeutico per recuperare la vittima? oppure per prevenire possibili quadri patologici?
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