venerdì 16 novembre 2012

Depressione Perdita del lavoro e Resilienza



Depressione Perdita del lavoro e Resilienza


“La Speranza ha due bellissimi figli: Sdegno e Coraggio. Sdegno per le cose come sono e Coraggio per cambiarle.” 
(Sant’Agostino)

Uno dei temi sociali più discussi di questo ultimo decennio italiano è quello della disoccupazione dilagante che affligge il nostro mondo lavorativo ad ogni livello e settore, travolgendo giovani e anziani. Concretamente la perdita maggiore alla quale immediatamente si pensa in ogni caso è quella della sicurezza economica. Questo a livello pratico è senza dubbio vero, ma non è l’unico problema che le persone si trovano ad affrontare. La salute psico-fisica dell’individuo è messa a repentaglio ed il costrutto di Benessere Sociale elaborato a fine anni ’90 ci fornisce vari elementi su cui riflettere.
Per Benessere Sociale di una persona intendiamo  gli effetti delle relazioni sociali dell’individuo su se stesso e sul suo funzionamento all’interno della società (Keyes, 1998; Larson, 1993).
Sebbene da una parte la società moderna si rende sensibile ed interessata alle tematiche legate al benessere psicologico e psicofisico, dall’altra non costruisce le condizioni necessarie affinché tale benessere sia da tutti raggiungibile.
Ciò a causa dei ritmi serrati di vita e della scarsa attenzione riconosciuta allo sviluppo di un’interiorità integra e completa, in cui siano presenti le necessarie abilità che permettano ad ogni individuo non soltanto di raggiungere un consapevole e solido senso del sé e dei propri obiettivi, ma anche e soprattutto di sviluppare gli strumenti necessari ad affrontare efficacemente le prove della vita.
Secondo recenti teorie si è compreso come la struttura sottostante al benessere sia molto più complessa di quanto la letteratura esistente ce la faccia apparire: il benessere si presenta come un processo multidimensionale e dinamico che comprende vari e molteplici aspetti. Il modello originario ne prevede sei:

  1. Autoaccettazione
  2. Relazioni interpersonali positive
  3. Autonomia
  4. Controllo ambientale
  5. Crescita personale
  6. Scopo nella vita
Su ognuno di questi aspetti la perdita del lavoro e le difficoltà economiche e familiari che ne conseguono hanno un effetto devastante abbattendo drasticamente ogni valore precedentemente positivo e rappresentando un catalizzatore di stress negativo, depressione e prodromi suicidari.
La forma depressiva descritta sin dagli anni ’90 associata a questa situazione è quella della Hopelessness Depression” (HD) (Abramson, Metalsky ed Alloy, 1989) o depressione da mancanza di speranza, e si distingue dalle altre forme di depressione in base non ai sintomi ma alle CAUSE scatenanti.
Tipicamente in questa forma di depressione: “la persona è convinta di non avere speranza, né di poterla avere in futuro, pensa che gli eventi siano assolutamente negativi e di non essere in grado di fare nulla per modificare la situazione, si aspetta che risultati (o eventi) molto desiderati non si verifichino e/o che risultati (o eventi) molto dannosi si verifichino e che nessuna risposta possa impedire questi accadimenti, per cui si sente disperata (il termine inglese Hopelessness ignifica appunto disperazione)”.
Gli Autori della Hopelessness Theory of Depression descrivono 12 sintomi che la caratterizzano:
  1.  tendenza a ritardare l’inizio delle risposte ad agire
  2. umore triste per l’aspettativa negativa riguardo al futuro
  3. ideazione suicidaria e i tentativi di suicidio
  4. la mancanza di energia
  5. apatia
  6. rallentamento psicomotorio, come conseguenza della mancanza di motivazione ad agire
  7. ruminazione
  8. disturbi dell’addormentamento
  9. difficoltà di concentrazione
  10. pensieri negativi esacerbati dall’umore
  11. bassa autostima
  12. tendenza alla dipendenza dagli altri
La percezione della persona è quella di non essere capace di far fronte alle situazioni e di valutarsi inferiore agli altri, con successiva tendenza a sentirsi da questi dipendente. Questa modalità di pensiero causa la vulnerabilità alla depressione in presenza di eventi negativi e può determinare le ricadute depressive.
L’insorgenza della HD avviene in conseguenza di un evento negativo. La durata degli  episodi di HD dipende dalla aspettativa negativa che l’individuo ha sul futuro  mentre la durata tende ad essere maggiormente dipendente da quanto sono stabili le attribuzioni fatte sulle cause e sulle conseguenze di quel particolare evento e da quanto la persona ritiene probabile che questo si ripresenti.
Anche le attribuzioni riguardo al sé possono influenzare la durata dei sintomi:  più sono negative le attribuzioni sulle proprie capacità di far fronte alle situazioni, più i sintomi persisteranno.
I sintomi saranno presenti finché restano  attivi i fattori attribuzionali che determinano la condizione di hopelessness. La remissione avverrà:
1)      in risposta ad un evento positivo, che ridarà speranza alla persona (facendo venir meno la condizione hopelessness).
2)     in risposta al venire meno delle condizioni negative scatenanti, soltanto però se a ciò si associa un cambiamento dello stile attribuzionale.
In questo triste quanto sempre più frequente quadro, le persone si trovano spesso spaventate e sole. Prive degli strumenti e delle possibilità per poter gestire il cambiamento, la paura, il disagio e spesso l’angoscia e il senso di impotenza legate alla perdita del lavoro, e alla conseguente incapacità di pagare debiti e sostenere se stessi e la propria famiglia.
L’obiettivo per il terapeuta in tali casi è quello di aumentare la Resilienza dell’individuo (dal latino resilire: rimbalzare) ossia la capacità di rispondere ad una pressione, restituendola all’esterno facendo della sua forza la nostra forza per rispondere senza spezzarsi o infrangersi. I primi terapeuti che hanno teorizzato questo concetto non a caso erano loro stessi esempi di resilienza: Milton Erickson, Victor Frankl, Mara Selvini Palazzoli o Oliver Sacks. Persone che avendo sperimentato sulla propria pelle l’effetto di malattie o condizioni di vita al limite della sopportazione, hanno realizzato che non solo l’amore ha una forza vitale e di riscatto ma anche la rabbia, la perdita, l’odio e la delusione possono costituire un potente motore verso la felicità e soddisfazione personale se ben utilizzati.
Secondo uno studio del NIMH del ’99 (National Institute for Mental Health), rilevante centro di ricerca statunitense, i tratti di personalità da cui dipende la resilienza individuale coincidono con: Estroversione, Disponibilità, Coscienziosità, Stabilità emozionale e Intelligenza. Senza entrare nell’analisi di tali costrutti possiamo limitarci a dire che sono fortemente influenzati da favorevoli condizioni familiari di supporto, presenza e accettazione. Trovano pertanto un favorevole contesto di cultura e crescita all’interno della relazione terapeutica connotata come noto, da una attenta vicinanza ed indiscussa accettazione del paziente.
Per lo specialista chiamato a fornire aiuto a chi si trova in questa situazione è importante quindi porsi  come elemento di sostegno e rinforzo nei confronti di queste persone, ed intervenire sulle dimensioni che sviluppano e rinforzano la resilienza personale rispettando alcuni sotto-obiettivi fondamentali:
  • Ristrutturare lo stile cognitivo
  • Lavorare sull’autostima
  • Promuovere l’autoefficacia
  • Fornire strumenti per la gestione del cambiamento
  • Far sviluppare strumenti per la gestione dell’ansia
  • Espandere la conoscenza di sé
E spesso anche:
  • Ri-orientamento professionale, al fine di focalizzare le risorse interne del soggetto (capacità, competenze, titoli di studio), per affrontare al meglio la ricerca di un nuovo lavoro

Quanto detto finora in merito al tipo di intervento da dedicare a chi versa in una condizione di impotenza e rischia di ritrovarsi in uno stato depressivo grave per aver perso il lavoro, risulterebbe alquanto improduttivo ed incompleto se non fosse integrato con il fondamento di una personalizzazione del trattamento che fa di ogni intervento terapeutico un intervento di successo. Ciò vuol dire che ogni intervento va cucito addosso alla persona come un abito su misura, ed ogni buona relazione di cura si fonda sul rispetto delle caratteristiche personali di colui che richiede aiuto. Gli obiettivi suddetti quindi verranno perseguiti facendo attenzione alla particolare costellazione di personalità del paziente. Ogni manovra terapeutica terrà sempre conto delle risorse e difese di quel particolare individuo, rispettandone i tempi ed i modi di crescita.  
Solo così si può consentire alla persona di crescere autonomamente all’interno di un percorso unico, personale e protetto e far sì che un drastico cambiamento imposto dall’esterno possa diventare opportunità di rinnovamento rinforzo e crescita. Un valido aiuto per ristrutturare la propria esistenza ed il proprio mondo.


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