Depressione Perdita del
lavoro e Resilienza
A cura del Dott. Roberto Fabrizi
“La Speranza ha due bellissimi
figli: Sdegno e Coraggio. Sdegno per le cose come sono e Coraggio per
cambiarle.”
(Sant’Agostino)
Uno dei temi sociali più discussi di
questo ultimo decennio italiano è quello della disoccupazione dilagante che
affligge il nostro mondo lavorativo ad ogni livello e settore, travolgendo
giovani e anziani. Concretamente la perdita maggiore alla quale immediatamente
si pensa in ogni caso è quella della sicurezza economica. Questo a livello
pratico è senza dubbio vero, ma non è l’unico problema che le persone si
trovano ad affrontare. La salute psico-fisica dell’individuo è messa a
repentaglio ed il costrutto di Benessere Sociale elaborato a fine anni ’90 ci
fornisce vari elementi su cui riflettere.
Per Benessere
Sociale di una persona intendiamo gli effetti delle relazioni sociali
dell’individuo su se stesso e sul suo funzionamento all’interno della
società (Keyes, 1998; Larson, 1993).
Sebbene da una parte la società moderna si rende sensibile ed interessata
alle tematiche legate al benessere psicologico e psicofisico, dall’altra non
costruisce le condizioni necessarie affinché tale benessere sia da tutti
raggiungibile.
Ciò a causa dei ritmi serrati di vita e della scarsa attenzione
riconosciuta allo sviluppo di un’interiorità integra e completa, in cui siano
presenti le necessarie abilità che permettano ad ogni individuo non soltanto di
raggiungere un consapevole e solido senso del sé e dei propri obiettivi, ma
anche e soprattutto di sviluppare gli strumenti necessari ad affrontare
efficacemente le prove della vita.
Secondo recenti teorie si è compreso come la struttura sottostante al
benessere sia molto più complessa di quanto la letteratura esistente ce la
faccia apparire: il benessere si presenta come un processo multidimensionale e dinamico che comprende vari e molteplici
aspetti. Il modello originario ne prevede sei:
- Autoaccettazione
- Relazioni interpersonali positive
- Autonomia
- Controllo ambientale
- Crescita personale
- Scopo nella vita
Su ognuno di questi aspetti la perdita del lavoro e le difficoltà
economiche e familiari che ne conseguono hanno un effetto devastante abbattendo
drasticamente ogni valore precedentemente positivo e rappresentando un
catalizzatore di stress negativo, depressione e prodromi suicidari.
La forma depressiva descritta sin dagli anni ’90 associata a questa
situazione è quella della Hopelessness Depression” (HD) (Abramson, Metalsky ed
Alloy, 1989) o depressione da mancanza di speranza, e si distingue dalle
altre forme di depressione in base non ai sintomi ma alle CAUSE scatenanti.
Tipicamente in questa forma di depressione: “la persona è convinta di
non avere speranza, né di poterla avere in futuro, pensa che gli eventi
siano assolutamente negativi e di non essere in grado di fare nulla per
modificare la situazione, si aspetta che risultati (o eventi) molto desiderati
non si verifichino e/o che risultati (o eventi) molto dannosi si verifichino e
che nessuna risposta possa impedire questi accadimenti, per cui si
sente disperata (il termine inglese Hopelessness ignifica
appunto disperazione)”.
Gli Autori della Hopelessness
Theory of Depression descrivono 12 sintomi che la
caratterizzano:
- tendenza a ritardare l’inizio delle risposte ad agire
- umore triste per l’aspettativa negativa riguardo al futuro
- ideazione suicidaria e i tentativi di suicidio
- la mancanza di energia
- apatia
- rallentamento psicomotorio, come conseguenza della mancanza di motivazione ad agire
- ruminazione
- disturbi dell’addormentamento
- difficoltà di concentrazione
- pensieri negativi esacerbati dall’umore
- bassa autostima
- tendenza alla dipendenza dagli altri
La percezione della persona è quella di non essere capace di far fronte
alle situazioni e di valutarsi inferiore agli altri, con successiva tendenza a
sentirsi da questi dipendente. Questa modalità di pensiero causa la vulnerabilità
alla depressione in presenza di eventi negativi e può determinare le
ricadute depressive.
L’insorgenza della HD avviene in conseguenza di un evento negativo. La
durata degli episodi di HD dipende dalla aspettativa negativa che
l’individuo ha sul futuro mentre la durata tende ad essere
maggiormente dipendente da quanto sono stabili le attribuzioni fatte sulle
cause e sulle conseguenze di quel particolare evento e da quanto la persona
ritiene probabile che questo si ripresenti.
Anche le attribuzioni riguardo al sé possono influenzare
la durata dei sintomi: più sono negative le attribuzioni sulle proprie
capacità di far fronte alle situazioni, più i sintomi persisteranno.
I sintomi saranno presenti finché restano attivi i fattori
attribuzionali che determinano la condizione di hopelessness. La remissione avverrà:
1)
in risposta ad un evento positivo, che ridarà speranza alla persona
(facendo venir meno la condizione hopelessness).
2)
in risposta al venire meno delle condizioni negative scatenanti, soltanto però
se a ciò si associa un cambiamento dello stile attribuzionale.
In questo triste quanto sempre più frequente quadro, le persone si trovano
spesso spaventate e sole. Prive degli strumenti e delle possibilità per poter
gestire il cambiamento, la paura, il disagio e spesso l’angoscia e il senso di
impotenza legate alla perdita del lavoro, e alla conseguente incapacità di
pagare debiti e sostenere se stessi e la propria famiglia.
L’obiettivo per il terapeuta in tali casi è quello di aumentare la Resilienza dell’individuo (dal latino resilire: rimbalzare) ossia la capacità
di rispondere ad una pressione, restituendola all’esterno facendo della sua
forza la nostra forza per rispondere senza spezzarsi o infrangersi. I primi
terapeuti che hanno teorizzato questo concetto non a caso erano loro stessi
esempi di resilienza: Milton Erickson, Victor Frankl, Mara Selvini Palazzoli o
Oliver Sacks. Persone che avendo sperimentato sulla propria pelle l’effetto di
malattie o condizioni di vita al limite della sopportazione, hanno realizzato
che non solo l’amore ha una forza vitale
e di riscatto ma anche la rabbia, la
perdita, l’odio e la delusione possono costituire un potente motore verso la
felicità e soddisfazione personale se ben utilizzati.
Secondo uno studio del NIMH del ’99 (National Institute for Mental Health),
rilevante centro di ricerca statunitense, i tratti di personalità da cui
dipende la resilienza individuale coincidono con: Estroversione, Disponibilità, Coscienziosità, Stabilità emozionale e
Intelligenza. Senza entrare nell’analisi di tali costrutti possiamo
limitarci a dire che sono fortemente influenzati da favorevoli condizioni
familiari di supporto, presenza e accettazione. Trovano pertanto un favorevole contesto di cultura e crescita
all’interno della relazione terapeutica connotata come noto, da una attenta
vicinanza ed indiscussa accettazione del paziente.
Per lo specialista chiamato a fornire aiuto a chi si trova in questa
situazione è importante quindi porsi come elemento di sostegno e rinforzo nei confronti di queste persone,
ed intervenire sulle dimensioni che sviluppano e rinforzano la resilienza
personale rispettando alcuni sotto-obiettivi fondamentali:
- Ristrutturare lo stile cognitivo
- Lavorare sull’autostima
- Promuovere l’autoefficacia
- Fornire strumenti per la gestione del cambiamento
- Far sviluppare strumenti per la gestione dell’ansia
- Espandere la conoscenza di sé
E spesso anche:
- Ri-orientamento professionale, al fine di focalizzare le risorse interne del soggetto (capacità, competenze, titoli di studio), per affrontare al meglio la ricerca di un nuovo lavoro
Quanto detto finora in merito al tipo di intervento da dedicare a chi versa
in una condizione di impotenza e rischia di ritrovarsi in uno stato depressivo
grave per aver perso il lavoro, risulterebbe alquanto improduttivo ed
incompleto se non fosse integrato con il fondamento di una personalizzazione del trattamento che fa di ogni intervento terapeutico
un intervento di successo. Ciò vuol dire che ogni intervento va cucito addosso
alla persona come un abito su misura, ed ogni buona relazione di cura si fonda
sul rispetto delle caratteristiche personali di colui che richiede aiuto. Gli
obiettivi suddetti quindi verranno perseguiti facendo attenzione alla
particolare costellazione di personalità del paziente. Ogni manovra terapeutica
terrà sempre conto delle risorse e difese di quel particolare individuo,
rispettandone i tempi ed i modi di crescita.
Solo così si può consentire alla persona di crescere autonomamente
all’interno di un percorso unico, personale e protetto e far sì che un drastico
cambiamento imposto dall’esterno possa diventare opportunità di rinnovamento
rinforzo e crescita. Un valido aiuto per ristrutturare la propria esistenza ed
il proprio mondo.
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